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Mostra

Identity Identities

mostra di fotografia

21 Marzo 2009 - 26 Aprile 2009
Galleria San Ludovico
Borgo del Parmigianino, 2 - Parma
orario: tutti i giorni 10.00 – 13.00; 16.00 – 19.00
info: 0521 218669 - info@ella.it
ingresso libero

tags: clark, fernandez, hely-hutchinson, identity, kast, lee, maiberg, new york, parma, persson, quek, sbarro, shaffer, visual art, yeskel

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IDENTITY IDENTITIES
Giovani fotografi della School of Visual Art di New York

Dopo le mostre tenutesi negli Stati Uniti alla Visual Arts Gallery di New York, e alla Finley South Gallery della Montclair State University nel New Jersey, arriva a Parma una selezione di giovani e promettenti fotografi con il progetto “IDENTITY IDENTITIES. Giovani fotografi della School of Visual Art di New York”.

mostra
La mostra, organizzata dall’Assessorato alla Cultura e dall’Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Parma, in collaborazione con Fondazione Monte di Parma, presenta opere fotografiche di artisti della School of Visual Art di New York. L’esposizione nasce da un importante scambio internazionale tra il Comune di Parma, la School of Visual Art di New York e la Montclair State University per la conoscenza e la valorizzazione di giovani fotografi, che hanno lavorato sul tema “Identity - Identities”.

Attraverso l’obiettivo di questi undici giovani artisti si riescono a cogliere le problematiche sorte intorno al concetto di identità: dall’identità dell’Io all’identità della propria piccola comunità o della propria nazione; dalle identità “nascoste” come quelle sessuali o spirituali, alla stessa ricerca storica delle proprie identità, personali e sociali.

Gli undici fotografici:

Allison Yeskel (Stati Uniti, 1986) presenta immagini di giovani uomini con i corpi che hanno subito cambiamenti. Isolati contro un fondo nero, questi semplici ritratti ricordano i primordi dello stesso studio della fotografia. Sui corpi sono tatuati simboli, frasi e segni che rimandano a mondi e identità “spirituali”.

Joseph Sbarro (Stati Uniti,1986) unisce elementi da organismi distinti dando vita a una forma “bi-morfica” unica nel suo genere, al contempo stranamente attraente e grottesca. Il fotografo fa riferimento al lavoro fotografico di Bellmer Die Puppe nonché alle Distorsioni di Kertész. Sbarro sollecita risposte in merito ad una cultura di immagini che esalta la vanità: una cultura in cui la scultura del corpo, sia attraverso l’esercizio fisico che con l’intervento chirurgico, è richiesta per essere ammessi a determinati ambienti sociali. I suoi “esseri” non sono perfetti organismi di città alla moda ma creature aliene che sembrano sfidare l’evoluzione darwiniana.

Jennifer Lee (Canada, 1986) trae spunto dalla sua storia personale per creare racconti che uniscono fotografia, moda e set construction. Porzioni di figure umane emergono da uno sfondo che evoca set alla moda e bambole di carta: Lee utilizza la fotografia per esplorare gli aspetti della sua identità di donna.

Hugo Fernandez (Stati Uniti, 1985) utilizza la fotografia come un mezzo per esplorare l’identità sessuale. Attraverso un attento uso dei dispositivi di illuminazione e della mise-en-scène nelle sue immagini si respira un clima di mistero che ricorda i film noir. Nella propria opera Fernandez cerca di venire a patti con la propria sessualità e di esplorare la natura inafferrabile del desiderio.

Jess Shaffer (Stati Uniti, 1984) produce auto-ritratti che esplorano l’identità “di passaggio” tra l’infanzia e l’età adulta e in quale misura l’una influisce nell’altra. I lavori di Shaffer evocano il lavoro di Francesca Woodman e il suo unico modo di rappresentare il corpo.

Nicola Kast (Germania, 1982) esplora l’identità nazionale tedesca attraverso autoritratti che ritraggono stereotipi sociali e storici. Queste immagini servono come catarsi personale ma anche per mettere in chiaro in quale misura queste identità possano essere un punto di riferimento da cui muoversi ed essere nuovo stimolo per le generazioni future.

Victoria Hely-Hutchinson (Regno Unito, 1984) documenta in modo unico la vita quotidiana all’interno dei collegi britannici. Le lezioni, i pasti, la preghiera mattutina nella cappella: le immagini trasudano la rigidità e la severità di un tale ambiente ma la fotografa riesce a cogliere, sotto le divise, la prova dell’esistenza della giocosità, della malizia e del divertimento proprie dell’età dell’adolescenza.

Jing Quek (Singapore, 1983) indaga la propria identità collettiva attraverso una sensibilità propria del reportage giornalistico e si pone domande significative circa gli effetti del capitalismo e della globalizzazione nella sua patria.

Kelly Clark (Stati Uniti, 1984) nelle sue fotografie le immagini di case di periferia sono affiancate dalla cronaca di crimini violenti commessi proprio fra quelle apparenti innocenti mura domestiche. L’effetto è disarmante e compromette l’aspetto della sicurezza e della tranquillità che è tradizionalmente associata a tali quartieri.

Anula Maiberg (Israele, 1982) su dichiarazioni crea sfondi astratti per dare nuova vita ad immagini che affrontano i temi del potere e del controllo. Nello spirito di artisti come Laurence Weiner, Joseph Kosuth, e Barbara Kruger, Maiberg ci ricorda come la nostra identità sia costantemente mediata da e attraverso la nostra lingua.

Susanne Persson (Svezia, 1982) manipola i loghi dei prodotti di consumo, da cui rimuove alcuni dettagli, e il risultato è un frammento di forme e colori in cui è possibile ritrovare il concetto di bellezza. In questo modo viene interrotto il meccanismo di riconoscimento del marchio e la sua stessa identità. Questo décollage è una sorta di “cultura di disturbo” in cui è forte l’eco dei manifesti di Mimmo Rotella e l’opera di Robert Rauschenberg.



Testo e immagini tratti dal comunicato stampa ufficiale.




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