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Mostra

The Mobile City

mostra di fotografia

25 Gennaio 2009 - 8 Marzo 2009
Villa Ghirlanda, Museo di Fotografia Contemporanea
via Frova, 10 - Cinisello Balsamo (Milano)
orario: 10-19 dal martedì alla domenica, 10-23 il giovedì
info: 02 6605661 - info@museofotografiacontemporanea.org
www.museofotografiacontemporanea.org
ingresso: libero

tags: città, milano

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La mostra è l'episodio conclusivo di un lungo progetto tra le città gemelle di Milano e di Toronto, un concorso di fotografie digitali riservato agli adolescenti delle due metropoli, invitati a raccontare la propria vita e la città che li circonda attraverso brevi sequenze di immagini digitali e testi.

mostra


Le videoproiezioni trasformano la sala espositiva del museo in un'unica installazione in cui le immagini fresche e piene di energia dei ragazzi, a volte ingenue, a volte sorprendenti, mescolano le tematiche e le sensazioni più diverse: amicizia, integrazione, periferie, poesia, paura, divertimento, libertà.

Il catalogo THE MOBILE CITY è pubblicato dal Museo di Fotografia Contemporanea.

Il progetto è promosso da PROVINCIA DI MILANO, COMUNE DI MILANO, CITTA' DI TORONTO, CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA A TORONTO, CAMERA DI COMMERCIO DI MILANO. Patrocinio di REGIONE LOMBARDIA, collaborazione di FONDAZIONE STELLINE e UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DELLA LOMBARDIA, media partner VIVIMILANO e CTV, main sponsor BELL CANADA, sponsor tecnologici EPSON, SONY, BLUE4PROMO.



Milano, porta Venezia. Una calda domenica pomeriggio del luglio 2008.
Alcuni adolescenti siedono, vagamente intimiditi e senz’altro troppo silenziosi rispetto ai vestiti che indossano, nell’ingresso dello Spazio Oberdan. Ci vogliono diversi minuti, parole ed espressioni sussurrate, inconfondibilmente italiane, per accorgersi con sorpresa che non sono i ragazzi appena arrivati dal Canada come premio per il concorso
THE MOBILE CITY, com’era sembrato al primo colpo d’occhio, bensì i loro coetanei di Milano che li aspettano per un benvenuto. Pochi giorni dopo, gli stessi ragazzi, appena più eleganti, si trovano a mostrare le loro fotografie al pubblico della Sala Montanelli, nella sede storica del Corriere della Sera, tra boiserie luccicanti e impeccabili maschere in tailleur nero, politici e giornalisti.
Nuovamente, nell’osservarli salire sul palco uno a uno, risulta difficile indovinare prima di sentirli leggere emozionati i brevi testi di spiegazione dei propri lavori quali siano i vincitori di Milano e quali quelli provenienti da Toronto.
Forse il senso di THE MOBILE CITY è già riassunto nella varietà di razze e colori dei venti ragazzi che hanno avuto la fortuna e il merito di provare l’esperienza educativa di uno scambio culturale – ma anche fortemente simbolico – tra due metropoli gemelle, due continenti, due e più culture. Una varietà attesa e in qualche modo normale per Toronto, una delle città più felicemente multiculturali del mondo, nuova e ancora spiazzante per Milano, in cui i giovani di origine straniera o provenienti dalle periferie sono spesso oggetto di ricerche, articoli, statistiche ma raramente soggetti, nella condizione di comunicare una propria visione della città e della vita. Ragazzi così diversi per religione, per paesi di origine, propria o dei genitori, per i quartieri in cui vivono e sono cresciuti, per il lavoro che svolgono, per le scuole frequentate. Ma anche così simili nel modo di muoversi o di portare i vestiti, nella musica che ascoltano, nei modelli che sembrano condividere. Attori o vittime della dialettica tra locale e globale, tra identità e integrazione, proiettati verso un futuro ignoto come ogni nuova generazione che si affaccia sul palcoscenico del mondo.

mostra


THE MOBILE CITY non è solo uno dei molti concorsi fotografici per immagini digitali quanto piuttosto un articolato progetto
tra due grandi città che mette la fotografia e le sue trasformazioni tecnologiche e culturali al centro di una dialogo che riguarda tutta la società. La scommessa di THE MOBILE CITY è quella di verificare se la fotografia, grazie alla sua capacità così speciale di entrare nella vita delle persone e in particolare grazie all’enorme sviluppo che in termini di semplicità, quotidianità e velocità il digitale le ha fornito, sia in grado di restituire un mosaico sociale significativo e non solo di contribuire all’aumento della massa di immagini sotto la quale la realtà sembra sempre più scomparire.

All’inizio del progetto si scriveva: “quanto più saranno differenti per età cultura, esperienze i partecipanti al concorso, tanto più risulterà nuovo e interessante il variegato mosaico di immagini da essi realizzate”. Perché questo fosse possibile, per tutti i mesi di durata del concorso, nelle due città è stato svolto un lungo lavoro al tempo stesso educativo e di comunicazione, diverso nelle modalità ma identico nello scopo di consentire la partecipazione davvero di ogni tipo di persona.
La città di Toronto ha abbracciato il progetto a livello istituzionale e ne ha fatto l’ipotesi
di lavoro all’interno dei numerosi programmi che utilizzano l’arte come elemento di riqualificazione sociale, come mezzo per avvicinare e coinvolgere i ragazzi più problematici, come istanza fondamentale per costruire il senso di comunità e più ancora per promuovere la consapevolezza di sé e la capacità di esprimersi degli individui.
Oltre dieci gruppi di insegnanti e artisti insegnanti hanno condotto decine e decine di incontri e workshop in centri civici, strutture socio-sanitarie e scuole nelle quindici zone a priorità sociale della città. Quartieri che presentano problemi di marginalità e integrazione, per quanto non paragonabili ai ghetti degli Stati Uniti o dell’immaginario cinematografico.
A Milano, dove l’utilizzo istituzionalizzato e continuativo dell’arte da parte dei servizi sociali è ancora lontano, è stato il Museo di Fotografia Contemporanea – che ha da sempre nella sperimentazione delle molteplici forme di dialogo con il pubblico una delle linee guida delle proprie attività – a promuovere azioni sul territorio in stretto accordo con il Comune e la Provincia. Nove giovani operatori culturali, opportunamente formati, hanno operato in 15 zone, tra quartieri “difficili” della città e comuni in trasformazione dell’hinterland, a volte in modo istituzionale e altre volte con attività molto libere di contatto diretto con i ragazzi, attraverso la collaborazione di associazioni, gruppi e scuole. Per molti mesi The Mobile City è stata una presenza “pubblica”, visibile, reale, capace di adattarsi e prendere forme di volta in volta diverse a seconda dei contesti urbani e sociali, cercando di interagire con un pubblico apparentemente lontano dall’arte e dalla fotografia ma anche dalle consuete modalità di assistenza sociale, con risultati a volte sorprendenti, innovativi e provocatori.

mostra


È stato chiaro fin dall’inizio che il valore del progetto non potesse essere nella raccolta di singole fotografie esteticamente riuscite quanto piuttosto nella capacità di dare spazio con immediatezza, energia e imprevedibilità al racconto di storie inedite
e personali. Ai ragazzi è stato chiesto non uno scatto singolo ma una serie di immagini e un breve testo di spiegazione del proprio lavoro, in modo da ribadire un’idea di fotografia come narrazione, in cui le singole immagini siano quindi gli elementi di un discorso e possano stimolare nei ragazzi
una riflessione sulla città e forse su se stessi, a differenza dei numerosi concorsi di stampo promozionale che propongono il modello di una singola immagine a effetto, di matrice pubblicitaria.
In una logica, diciamo così, open-source, collaborativa più che competitiva, per tutta la durata del concorso i lavori mano a mano caricati sul sito web sono stati visibili a tutti e chiunque poteva sostituire e modificare in ogni momento immagini e testi.
È in questo spirito che le due qualificate giurie – composte dagli autori dei brevi punti di vista che intervallano le fotografie in questa pubblicazione – hanno esaminato, letto e discusso, spesso con affettuosa ironia, gli oltre quattrocento lavori inviati, selezionando sessanta partecipanti – trenta di Milano e trenta di Toronto – per la mostra e per il libro e premiandone venti con una settimana di scambio nella città gemella.

Fino a qui il tentativo di raccontare il progetto e, per brevi appunti, di cercane il senso.
Quando, per esempio, in uno dei lavori selezionati dopo quattro scatti vagamente poetici di sagome ed elementi naturali – forse introspettivi e un po’ surreali pur nei colori molto saturi – una moto da cross entra impennando nell’ultima fotografia come a spazzare via l’intera sequenza, si capisce che è giunto il momento di lasciar perdere ogni spiegazione, di abbandonarsi alle immagini e di lasciarsi sorprendere dall’irriducibile diversità delle persone e dall’imperscrutabile mistero, sogno, follia che ognuno nasconde.

MATTEO BALDUZZI - MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA


Inaugurazione mostra
Sabato 24 gennaio 2009, ore 17.30
Con Hip Hop dal vivo di Diamanti della strada (Cinisello Balsamo), Zagom & Jullarino (Gratosoglio, Milano)

Guarda il promo su Youtube!



Testo e immagini tratti dal comunicato stampa ufficiale.




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