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Mostra

Tom Wesselmann

mostra di pittura

8 Giugno 2005 - 18 Settembre 2005
MACRO, sale Macro
via Reggio Emilia, 54 - Roma
info 06 671070400
orario: 9-19 mar-dom, 9-14 dom e festivi
ingresso: 1€ Share
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Nudi monumentali di quasi due metri e mezzo, nature morte imbandite di toast e coca cola, sigarette baciate da labbra laccate di rosso, giochi di colori che s’inseguono in un balletto astratto. “Nudi”, “Nature morte”, “Fumo”, “Astratti”. Tutto il repertorio sgargiante, edulcorato e fumettistico di Tom Wesselmann va in scena al Macro, in quella che può essere considerata la prima grande mostra italiana dedicata ad uno dei massimi protagonisti della stagione “Pop” americana, insieme a Warhol, Lichtenstein, Oldenburg e Rauschenberg.

Il percorso espositivo - allestito nelle quattro Sale MACRO - raccoglie circa 30 opere che vanno dal 1963 al 2004, privilegiando le tematiche più significative della ricerca storica di Wesselmann. I Nudes, con i dettagli stereotipati del sex appeal femminile molto cinematografico, come le grandi labbra rosse, le chiome bionde o nere, i seni stilizzati da pin-up, espressi per esempio, da “Sunset Nude with Matisse apple pink tablecloth”, del 2003 o “Great American Nude #53” del 1964. La serie degli Smokers, dove Wesselmann esegue blow-up pittorici su seducenti labbra di donna nell’atto di fumare una sigaretta che sprigiona una coreografia di fumo d’un velato erotismo, esemplificato da lavori come “Smokers#15” del 1974. Ancora, le Still Lives, la serie delle nature morte in cui Wesselmann lascia sfilare prodotti made in Usa figli dell’epoca del consumismo di massa e della pubblicità, come racconta “Still life#35” del 1963. Infine, gli Abstracts, balletti di forme e colori liberi, come “Five spots” del 2004. Prologo alla mostra, la monumentale scultura “Tulip”, realizzata da Wesselmann nel 1983, ed esposta nella Galleria Vetrata del Museo.
L’evento espositivo, il primo dedicato all’artista da un museo pubblico italiano, è curato da Danilo Eccher, ideato e definito con l’artista stesso prima della sua prematura scomparsa (avvenuta nel mese di dicembre), e si avvale della collaborazione del Whitney Museum di New York.

Convinto sperimentatore della ricerca figurativa, Tom Wesselmann (Cincinnati 1931 – New York 2004) si è affermato sulla scena newyorkese dei primi anni Sessanta con il suo “nuovo realismo”, un linguaggio che rivelava, come scrive Connie Glenn, “una capacità tecnica sorprendentemente sofisticata e un grande talento per un tratto lungo, espressivo, ispirato a Matisse”. Proprio il pittore e scultore francese sarà considerato da Wesselmann il suo “consigliere” prediletto, consapevole di appartenere alla tradizione espressiva inaugurata dal maestro della “joie de vivre”. “Sentivo in un certo senso – dirà Wesselmann - un forte obbligo a essere il prossimo elemento o ad assumere la prossima posizione nella progressione da Matisse al presente”.

L’artista americano scoprì la propria vocazione artistica durante il periodo di leva nell'esercito, quando passava le ore libere realizzando fumetti che mettevano in ridicolo le costrizioni della vita militare. La passione per il disegno, alimentata prima all’Art Academy di Cincinnati poi alla Cooper Union di New York, lo portò a codificare un realismo di gusto pop ma assolutamente personale, che fondeva in uno stile cartellonistico, sempre votato alla grande dimensione, un’immediatezza fumettistica con immagini prese in prestito dal repertorio della pubblicità e dei mass media insieme al prelievo diretto di oggetti reali (come i portasciugamani, assi da toilette e supporti per carta igienica che l’artista acquistava direttamente in negozio e inseriti nei suoi quadri, come i famosi Bathtub Collages del 1963).
Come scrive Marco Livingstone, “Wesselmann e i suoi colleghi intendevano restituire l'arte al mondo reale e utilizzare qualsiasi mezzo necessario – per esempio attaccare degli oggetti trovati alla superficie del quadro – per insistere sull'inseparabilità dell'arte dagli stimoli visivi che ci vengono offerti ogni giorno a casa e per strada”.

“Wesselmann opera attraverso un voyeurismo che volge lo sguardo ver-so spaccati domestici, abitati da utensili quotidiani e da figure femminili, colte in atteggiamenti di igiene privata oppure in posizioni languide”, scrive Achille Bonito Oliva. Il debutto ufficiale per Wesselmann è, infatti, con i Nudes, eseguiti con la pratica del disegno dal modello vero (ispirati inizialmente da Claire Selley che diventerà sua moglie nel 1963), un procedimento “classico” che conserverà per quasi quarant’anni di carriera, per poi abbandonare nel 2002 a favore di un “modello più mentale” e idealizzato. Al 1961, infatti, risale il primo dei suoi Great American Nudes - prototipi in scala uno a uno, realizzati come collage dipinti ad olio o disegno su metallo - che gli assicurarono la fama immediata nell'ambito della Pop Art, quando in contemporanea Andy Warhol eseguiva Popeye, Roy Lichtenstein faceva Look, Mickey! e James Rosenquist creava dipinti tratti da affissioni pubblicitarie come I Love You with my Ford. Quelli di Wesselmann erano lavori di grandi dimensioni, vigorosi e graficamente aggressivi che conquistarono da subito l’attenzione della critica e del pubblico, come il “Great American Nude #53” (1964) in mostra. E i nudi resteranno sempre al centro della sua produzione come esempio particolarmente vivido della sua stupefacente capacità di freschezza e autorinnovamento, come dimostra l’opera esposta “Bedroom Brunette with Irisis” (1988), fino all’ultima serie dei Sunset Nudes dall’appeal più esotico e dai colori tropicali, documentato in mostra da “Sunset Nude with Palm Tree” (2003) e “Sunset Nude with Big Pal Tree” (2004).

Ai nudi Wesselmann affiancherà progressivamente altri temi, più classici come la “natura morta” e moderni come “il fumo”, fino ai grandi e ricchissimi "astratti”, realizzati a partire dalla fine degli anni Novanta, guidato da quella che lui chiamava un'abitudine "schizofrenica” alla ricerca e alla sperimentazione febbrile. Lavori, quest’ultimi - testimoniati in mostra da “Blue Dance” (2002) e “Short Stop” (2003) – che Wesselmann eseguiva utilizzando gli avanzi dei suoi vecchi disegni figurativi per comporre monumentali collage montati su supporti in metallo.



Testo tratto da RomaTurismo (www.romaturismo.it).



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commenti
  SAndro  [11 Dicembre 2007 - 16:07]
Quanto mi sono divertito a vedere questa mostra!



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