Il fotografo Robert Knoth, insieme alla giornalista Antoinette de Jong e in collaborazione con Greenpeace, ha realizzato quattro reportage fotografici in altrettante aree colpite da incidenti e contaminazioni nucleari dell’ex Unione Sovietica. A vent’anni dal disastro di Cernobyl, la mostra evidenzia come questa tragedia non abbia rappresentato un fatto isolato e si inserisce nel dibattito attuale sulla necessità di garantire l’approvvigionamento energetico per il futuro.
La mostra e il volume fotografico si concentrano su vari aspetti, tra cui la salute e l’assistenza sanitaria erogata a milioni di persone colpite dalle radiazioni e le conseguenze degli incidenti dal punto di vista economico e sociale. Le vicende personali si mescolano a paesaggi che ritraggono zone abbandonate dall’uomo e contaminate, storie di vita quotidiana in città e paesi contaminati, centri medici, oltre a una serie di ritratti di persone affette da malattie causate dalle radiazioni.
I luoghi dell’esposizione fotograficaMayak, sud-est degli Urali. Fin dal 1945 è una delle strutture di maggiore importanza per il riprocessamento del combustibile nucleare e per la produzione di plutonio destinato agli armamenti. Fuoriuscite accidentali e deliberate di scorie nucleari hanno causato l’esposizione di 272 mila persone a elevati livelli di radiazione. Viene considerato uno degli impianti più pericolosi e inquinanti al mondo, ma ciò nonostante in futuro svolgerà un ruolo fondamentale nello stoccaggio e nel riprocessamento di materiale nucleare proveniente da altre nazioni.
Semipalatinsk, Kazakistan orientale. Era il principale impianto per i test atomici dell’arsenale missilistico nucleare sovietico. Tra il 1945 e il 1989 sono stati realizzati oltre 400 test nucleari sotterranei e in atmosfera. Secondo l’Undp, sono stati contaminati oltre 1,2 milioni di individui. Molte di queste persone, che in un certo senso sono state utilizzate come cavie, si sono ammalate. Seguendo l’esempio della Russia, il Governo kazako sta prendendo in considerazione l’idea di importare scorie nucleari a Semipalatinsk.
Cernobyl, Ucraina. Nel 1986 l’esplosione del reattore nucleare ha colpito milioni di persone in Russia occidentale, Bielorussia e Ucraina. Sono migliaia le persone decedute a causa di malattie causate dalle radiazioni, o che hanno riportato gravissime menomazioni. Ci sono settemila bambini in lista di attesa per operazioni a cuore aperto. La Bielorussia intende obbligare le persone a tornare nelle zone contaminate considerate inabitabili; 66 mila persone perderanno il sostegno finanziario che percepiscono come risarcimento per l’incidente di Cernobyl. In Ucraina si pensa di costruire altre undici centrali nucleari per esportare energia in Europa.
Tomsk-7, Siberia occidentale. Nel 1993 – sette anni dopo Cernobyl – fu teatro di un incidente. Un’esplosione distrusse parte di un impianto di riprocessamento, liberando uranio e plutonio nell’atmosfera. Fu contaminata un’area di 200 chilometri quadrati, vari paesi furono evacuati. L’incidente avrebbe potuto facilmente trasformarsi in un disastro ben peggiore; se la direzione del vento fosse stata diversa, le città di Tomsk e Seversk sarebbero state colpite. Gli abitanti dei paesi evacuati o contaminati sono oggi affetti da malattie in modo analogo a quanto è avvenuto nelle altre località oggetto della mostra. Tomsk-7 continua a liberare scorie nucleari altamente radioattive nelle vicinanze di zone popolate. È molto probabile che venga costruito un secondo impianto di riprocessamento per fronteggiare l’aumento delle importazioni di scorie nucleari. Le scorie francesi della Cogema e quelle dell’olandese Urenco vengono già trattate a Tomsk.
Testo e immagini tratti dal comunicato stampa ufficiale.
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