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Mostra

Luca Andreoni - Orridi

mostra di fotografia

12 Febbraio 2008 - 5 Aprile 2008
Nepente Art Gallery
via Alessandro Volta, 15 - Milano
orario: 15:00-19:30 dal martedì al sabato, chiuso domenica e lunedì
info: 02 29008422 - gallery@nepente.com
www.nepente.com



tags: andreoni, milano, nepente, orridi

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Nella lingua italiana l'aggettivo orrido è usato anche come sostantivo, per indicare le profonde gole post-glaciali incise dall'erosione dei torrenti e delle cascate su particolari formazioni rocciose.
La parola deriva dal latino horridus, che significa orribile, orrendo, spaventoso, selvaggio. In altre lingue europee troviamo gorge, gouffre, canyon, e così via. Anche in italiano, del resto, sono talvolta usati altri sinonimi: forra, canalone, gola, precipizio, burrone. Ma quasi ovunque in Italia si usa orrido, forse per l'attrazione un po' terribile che la parola comunica.
Proprio in Italia, patria dell'ordine prospettico rinascimentale, rimangono tracce di queste romantiche inquietudini che nelle immagini di Luca Andreoni diventano estremamente forti, laceranti. Feriscono lo sguardo e colpiscono la percezione, chiamando in causa l’immaginazione e l’inconscio.

mostra
Frutto di millenni di martirio inflitto alla roccia dall’acqua, dalla vita, indelebili cicatrici, non sono solo luoghi attraverso cui passare, ma luoghi in cui entrare, metafore della vita per eccellenza. Non è un caso che Orridi (2007) segua idealmente e temporalmente Non si fa in tempo ad avere paura (2006). I tunnel stradali sono cavità, aperture create dall’uomo per passarvi. E sono tutti luoghi che l’uomo ha domato con l’unica arma di cui dispone: la tecnologia. Ecco allora le luci al neon, a illuminare le gallerie di Non si fa in tempo ad avere paura e a far luce sull’inconscio, i guardrail, a delimitare le curve pericolose, a porre argini e barriere fisiche e mentali, i segnali stradali, a indicare cosa si può o non si può fare.
E lo stesso si può dire per questi Orridi. Voragini, brecce, squarci in cui entrare. Nella Madre Terra. Continue metafore oggettivate dal nitore delle immagini di Luca Andreoni. Perché questa è una delle caratteristiche fondamentali del lavoro del fotografo: una nitidezza sconcertante, che pare andare molto al di là delle possibilità dell’occhio umano. Le venature della roccia, i mille dettagli, i riflessi di luce appaiono ai nostri occhi con una lucidità che pare eludere ogni simbolismo. Eppure anche in questi luoghi ancestrali l’uomo interviene a porre un freno alle sue paure. A razionalizzare. A far quadrare i conti col piccolo mondo che si è costruito in questi pochi millenni. Ecco allora ponti, ponticcioli, scale, scalette a pioli o a chiocciola, a fare ordine anche in questi abissi primordiali, a trasformarli nei luoghi accessibili che sono diventati. Facili, comprensibili. Ancora una volta, domati. Ma qualcosa di “orrido” fortunatamente ancora rimane in queste gole post-glaciali. Un piccolo spiraglio verso il nostro ignoto.

Tra gli autori più attivi della fotografia italiana contemporanea, Luca Andreoni (1961) dal 1994 al 2006 ha collaborato in duo artistico con Antonio Fortugno, per poi intraprendere un percorso personale. Cresciuto all'interno della fotografia italiana di paesaggio, ha nel tempo maturato una poetica caratterizzata da forti valenze simboliche, coniugate attraverso ricerche formali di particolare intensità e rigore espressivo. Un percorso attento e severo, riconosciuto da prestigiose realtà della fotografia e dell'arte contemporanea, che lo ha chiamato a partecipare a importanti mostre e pubblicazioni.
Nel 2007 ha partecipato alla mostra inaugurale della collezione italiana di Deutsche Bank, e alla sezione Statement di Paris Photo, dedicata alla fotografia italiana. Nel 2005 sue opere sono state esposte in Germania presso la Ursula Blickle Stiftung all’interno della mostra intitolata Landscape as a Metaphor, a Torino all’interno della Triennale T1 - La sindrome di Pantagruele curata da Francesco Bonami e Carolyn Christov-Bakargiev presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, a Villa Manin (UD) nella mostra curata da Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto La Dolce Crisi – Fotografia italiana Contemporanea e infine al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. In anni precedenti ha inoltre esposto alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Palermo, alla Galleria Civica di Modena, nel Padiglione Italia, Venezia 2002, alla Triennale di Milano, alla Kunsthalle di Kiel e all’interno di numerosi altri musei e gallerie private.

La galleria rimarrà chiusa il 21 e il 22 marzo






Testo tratto dal comunicato stampa ufficiale.




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