INFORMATIVA PRIVACY
Questo sito utilizza cookie di terze parti per inviarti pubblicita' in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di piu' o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, clicca qui.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

Accetto
Sei un nuovo utente? Registrati!

Mostra

Toni Thorimbert

mostra di fotografia

23 Febbraio 2006 - 1 Aprile 2006
Galleria Nepente
via Volta, 15 - Milano
orario: 15-19 da martedì a venerdì, 11-19 sabato, chiuso lunedì e domenica
info: 02 29008422 - www.nepente.com Share
Torna alle mostre




"Cito la mia esperienza, ma naturalmente anche come parte di una tendenza. Negli ultimi dieci anni la moda è diventata parte di un progetto. Non più un’estemporanea espressione che segue o anticipa i tempi e le tendenze della moda quanto un progetto più complesso che viene elaborato e prodotto con lo scopo di produrre comunicazione."
Toni Thorimbert


L’hinterland milanese, le congreghe d’amici, giornate fatte di nulla, ragazze adolescenti, rischi d’ogni genere. La vita di un qualunque giovane, se non fosse che un giorno… Dalle periferie alle “stelle”: così inizia la sua avventura. Uno spiritello indulgente lo stimola a frequentare la “Umanitaria”, dove trova gli insegnamenti di Giovanna Calvenzi, la professoressa che lo colma di “Buñuel”, “Altman”, “Antonioni”, che gli fa scoprire l’arte che era già dentro di lui: produrre delle fotografie.
“Mi sono salvato con la fotografia, per il rotto della cuffia. L’Umanitaria mi diede una cosa per me nuova: il contatto con l’intelligenza.”
Toni Thorimbert abbandona la periferia ed “emigra” a Milano. Fotografa come un dissennato, si aguzza d’ingegno, vede esercitare i “maestri dell’immagine”, si applica - e inizia perfino a scoprire le pellicole surreali di Buñuel. A vent’anni - si è nel lontano 1977 - pubblica i suoi primi lavori su “Abitare”. Ragazzi delle periferie, sfuggiti all’appagamento economico, mostrati in fotografia nei loro caseggiati popolari fatti di cemento, sulle vie infangate della metropoli che si sta sviluppando.

“Non ci sono mezze parole: per me, ragazzino di periferia di soli quindici anni, l’Umanitaria fu la salvezza. Arrivato nel 1971, in un clima sociale che non si può paragonare a quello d’oggi, l’Umanitaria rappresentò un’isola di felicità e un momento di svolta nelle mie possibilità di vita. È difficile spiegare oggi il clima di una scuola che era molto poco “scolastica” per quegli anni: sicuramente il ‘68 stava già lasciando il suo segno. C’era un’atmosfera molto informale, molto creativa e di sperimentazione continua. L’Umanitaria era già, ma noi non lo sapevamo, la scuola del futuro. E quello che mi è rimasto impresso, e utile ancora oggi, è stato un approccio didattico che mi ha dato, e continua a darmi, le fondamenta del mio lavoro.”
Così si è espresso Toni Thorimbert su di un sito web riguardante il mondo dei libri: nell’articolo “Una scuola del futuro”, in riferimento a una domanda sul suo percorso scolastico presso la “Umanitaria” di Milano.


Una nuova “personale” per Toni Thorimbert (Losanna, 1957) - presso la “Nepente Art Gallery” nella sua Milano - per potere festeggiare trent’anni di fotografia editoriale italiana, ma soprattutto una novità per il “poeta dell’immagine”, poiché questa rappresenta per lui la cosiddetta “prima volta” nel nostro Paese. “Reporter”, ritrattista, rinomato fotografo di moda e persino “art director”, Thorimbert presenta Carta stampata: un’esposizione e un volume di fotografie - in cui il libro è stato ripartito in due sezioni. Nella prima, in ordine cronologico, compare una carrellata d’immagini realizzate per l’industria libraria dal 1977 ad oggi, pubblicate sui più rinomati quotidiani e riviste nazionali ed internazionali, per esporre il proprio cammino d’autore e ben trent’anni d’attività nel variegato mondo dell’informazione. Nella seconda parte, forniti da un consistente succedersi di riproduzioni delle pagine rese di “pubblico dominio”, trovano spazio alcuni “testi critici”, che pongono il tributo di Thorimbert nella storia e nella mutazione dell’editoria di settimanali e mensili italiani ed internazionali, ai quali ha apposto la propria firma. Negli ultimi anni la fotografia di moda è divenuta il “medium conduttore” del “patrimonio visivo contemporaneo” di conoscenze: si è sviluppata dal suo vincolo di base della moda trasformandosi in creatrice di figurazione e di concetti. La fotografia di moda ha, oggi, un ascendente essenziale in tutti i campi della divulgazione ed è accreditata a pieno titolo ad una forma d’arte. La sua autorità, nel caratterizzarsi in “immagine” e “comunicazione”, è quello di incidere e frequentemente “delimitare” i nostri gusti e addirittura il nostro tempo. Carta Stampata simboleggia, appunto, la carta dei quotidiani e dei periodici con i quali Thorimbert ha collaborato, ma anche la carta fotografica su cui sono sviluppate le sue trascinanti immagini.
In mostra appariranno, all’osservatore, dei grandi ritratti e parecchie eccezionali fotografie di moda, che testimoniano non solo l’incessante forza creativa dell’artista, ma - in una relazione pressoché simbolica - pure la trasformazione dell’editoria, i successivi cambiamenti del gusto e l’avvicendarsi dei vari “interpreti” sulla scena mediatica dagli anni Settanta ad oggi. Grazie a parecchi esemplari unici e “vintage”, la rassegna è un’opportunità per addentrarsi nel percorso creativo di Toni Thorimbert, in modo particolare: è lui la “star” dell’esposizione. Numerosi sono i “ritratti” di personaggi famosi: per la moda stilisti come Giorgio Armani, Roberto Capucci e Gianni Versace, Top Model quali Monica Bellucci, Linda Evangelista. Per l’arte Alighiero Boetti, Keith Haring, David Hockney, Paloma Picasso e Mario Schifano. La musica è rappresentata da Jovanotti, Vasco Rossi e Demetrio Stratos. Il cinema da attori di fama come Victoria Abril, Asia e Dario Argento, Maria Grazia Cucinotta, Isabelle Huppert, Rupert Everett, John Malkovich e Silvester Stallone. Ovviamente, e non per ultimi, i personaggi del variegato mondo della letteratura tra i quali non potevano mancare Indro Montanelli, Inge Feltrinelli e Alberto Moravia. Il design è rappresentato da Ettore Sottsass.
Racconta Toni Thorimbert: “Era l’estate del 1988 a Los Angeles. Le ho incontrate in palestra, a Venice beach, negli strip club downtown. Cameriere nei ristoranti chic del sunset, aspiravano tutte a qualcosa: una vita diversa, una diversa immagine, un altro ruolo, un luminoso futuro.”
Quanto è considerevole nel vasto campo visivo - ed in particolare nella fotografia - la parte “mercantile” e quanto invece la ricerca? Lasciamo che sia Thorimbert a rispondere al quesito: “Nella moda porto la mia visione del mondo e quindi la mia ricerca, lo posso fare perché la moda è uno spazio, anche commerciale, dove esistono i presupposti produttivi per quest’atteggiamento. Le mie immagini hanno bisogno di un supporto economico forte che in questo momento trovo nella moda, ma che domani potrebbe essere anche da qualche altra parte.”


Fino a pochi anni fa l’ambiente della moda guardava con forte interesse a circostanze che si potrebbero circoscrivere al sociale, o in ogni caso calate nella collettività: il mondo dei contatti e, più comunemente, degli aspetti sociali della società. Ciò si deve ad un processo osmotico che, dalla fotografia d’autore, ha oltrepassato certe tematiche, tramite qualche “inquadratura” nella moda, o al progresso individuale dei fotografi che hanno avuto a che fare con la tendenza del momento in questi ultimi anni? Dall’inizio degli anni ’90 si sono messi in vista nella “fotografia di moda” alcuni artisti inconsueti, che hanno portato in questo campo il loro “background”. Questo ha prodotto delle immagini assai gradevoli e delle idee imprescindibili che, nel corso del tempo, si sono dimostrate un po’ futili. La circostanza più importante è che, in questi ultimi dieci anni, la moda si è lasciata contagiare da un “immaginario” assai più esteso, che l’ha portata lontano da una crisi e da un periodo di “stagnazione” cui era giunta alla fine degli anni ’80. Si può supporre che, attualmente, sia piuttosto l’arte ad aver bisogno della fotografia e non altrettanto, ben al di là dei numeri che legittimano quest’asserzione: cioè, l’enormità di mostre sulla fotografia, in confronto a quelle d’altre “dottrine” artistiche. Nel caso di Toni Thorimbert sembra che ciò sia particolarmente interessante, poiché è uno dei pochi artisti dove l’osmosi, da un ambito all’altro del proprio percorso artistico, non è contemplativa, cioè non c’è alcuna ragione che il suo lavoro sia richiesto da un ambito dell'arte, dato che per molti aspetti pare superarlo. Proprio perché contaminata da esperienze eterogenee, la sua attività è andata ben oltre. Il suo contributo, oggi, può essere degno d’attenzione a livello internazionale, poiché le “chiavi” d’interpretazione del suo operare sono cospicue, e mai circoscritte ad una consuetudine o all’istruzione tipicamente italiana. Rispetto a venti, trent’anni fa quello che c’è di nuovo in Italia è che si è sviluppato, anche qui, un minimo d’organizzazione e di sistema per saggiare e poter far affiorare artisti, anche a livello internazionale.
“Non è facile ha risposto in un’intervista su questi temi Toni Thorimbert - perché in Italia, salvo rare eccezioni, un certo atteggiamento, diciamo trasversale, non è vissuto come una ricchezza, ma addirittura con sospetto, mette in questione gerarchie consolidate, equilibri e regole.”
Direttive che però non lo hanno - per nostra fortuna - fermato e costretto ad essere uno dei tanti, seppur bravi fotografi o, per meglio intendersi, artisti internazionali. Ad esempio nella mostra intitolata Candy Dates l’eccentrico personaggio concentra le tracce, ormai lontane nel tempo, di una fase - gli anni Ottanta - e di vicende umane che, al momento, sono attualissime: il “grado zero” dell’universo dello spettacolo, e dello “star system”. Con delle immagini, perfettamente introdotte nelle proprie ricerche di quegli anni e colme di benigna considerazione per i soggetti ripresi, Thorimbert ci consegna un brandello di una “visione”, oggi fissato in chissà che genere di testi e di “flashback”. Sono inoltre esposte nelle sale le stampe originali, datate e firmate dall'autore, ora riprodotte nel volume uscito lo scorso febbraio.


Ecco una sintetica biografia di Toni Thorimbert: nel 1974 si è diplomato ai corsi di fotografia della società “Umanitaria” di Milano. Nel 1977 un’inchiesta sulla vita dei giovani della periferia della città di Milano - pubblicata dal mensile “Abitare” - gli vale una borsa di studio internazionale dell’AFIP (Associazione Fotografi Italiani Professionisti). Negli anni ‘80 il suo tenace apporto ai più innovativi periodici dell’epoca, fra i quali “Max”, “Sette” e “Amica” diretti da Paolo Pietroni, diventa un punto di riferimento nella soluzione del nuovo modello visivo di quegli anni. Gli anni ’90 segnano la sua maturazione come autore anche grazie alle collaborazioni con considerevoli “magazine” internazionali quali “Details”, “Mademoiselle”, “GQ”, “Wallpaper”, “Tatler”, “Brutus”, “Gulliver”, “Das Magazine” e “DU”.
Nel 1995 ha partecipato con Gabriele Basilico, Vincenzo Castella, Mimmo Jodice e Moreno Gentili al progetto “Chimica Aperta”, con un volume (“Leonardo Arte”) ed una mostra itinerante sostenuti da “Federchimica”. Nello stesso anno ha ricevuto il premio dello “Art Directors Club/AFIP” per la creatività nel ritratto fotografico. Nel 1998 ha realizzato per “Chanel” il libro Me stessa: la realizzazione del sé: i ritratti e la vita di quattordici donne contemporanee tra Parma, Napoli e Padova. Tra i suoi clienti pubblicitari spiccano i marchi della “Levi’S”, di “Wrangler”, della “Kodak”, di “Martini”, di “Pirelli” e di “Poste Italiane”, solo per citarne alcuni. Dal 2002 ha stabilito un’intensa collaborazione con “Io Donna”, il settimanale femminile del Corriere della Sera. È docente di “workshops” di linguaggio fotografico ed è stato il curatore della mostra Immagini dal Mondo Interno, una collettiva composta da undici fotografi europei che, sul tema della sfera affettiva e dei rapporti umani, usano la fotografia come parte funzionale nel processo di “auto-analisi”. Nel 1998 una sua rassegna ha rappresentato uno degli eventi dei “Rencontres Internationales de Photographie d’Arles”. Negli ultimi anni Thorimbert ha affiancato all’attività professionale una continua ricerca, che ha immediatamente ricevuto consensi e interesse dal mondo dell’arte contemporanea, inclusa la fotografia. L’inatteso svolgimento “osmotico”, che consente il trasferimento di situazioni ed emozioni, vere raffigurazioni e allegorie dell’epoca attuale, da una cerchia pubblica e professionale a quella più interiore e personale consente all’autore di esprimersi sulla crescita di quel “paesaggio umano” che è andato attestandosi circa alla metà degli anni ‘90 come una delle tematiche più intense della fotografia contemporanea, di cui Thorimbert è, senza nessun dubbio, uno dei più profondi e crudeli interpreti.
“Anche se le attrezzature non erano proprio le ultime novità sul mercato professionale (non era difficile accorgersi delle carenze finanziarie della scuola) e le esercitazioni sembravano, a noi già scalpitanti fotoreporter, noiose e ripetitive (ricordo ancora Antonio Arcari quando ci costringeva per un anno intero a fotografare con la macchina a banco ottico un limone, o una mela, perché ci sforzassimo di tirarne fuori tutti gli aspetti possibili e immaginabili), era un metodo che ti poneva di fronte le scelte del linguaggio fotografico nella sua essenza, applicabile in realtà a qualsiasi genere di fotografia avresti intrapreso alla fine del corso.”


Un metodo didattico molto diverso da quello di molte moderne scuole, dove si pretende di formare fotografi pubblicitari o peggio ancora “fotografi di moda”, avvallando una “spettacolarizzazione” dell’immagine del fotografo che “nulla ha a che fare né con la fotografia né con la didattica”, ma con prodotto-scuola che va venduto come un sogno. Non si può concludere, se non nel modo in cui si è iniziato l’articolo, come in una delle sue vertiginose immagini in mostra, lasciando che sia lo stesso Toni Thorimbert a poter portare a compimento il discorso: “Anche se la scuola di fotografia poteva sembrare molto liberal nei comportamenti, era estremamente austera a livello di atteggiamento formativo. L’etica della formazione professionale non si confondeva mai con l’idea del fare denaro, o successo, ma con l’idea di assimilare e far propria l’etica del mestiere. Era un’etica del lavoro, del rigore, basata sul contenuto e mai sulla forma. Come diceva Albe Steiner, con il carisma di cui era capace: prima di toccare un foglio bianco bisogna sempre lavarsi le mani”.



Testo tratto dal sito di ExtrArt (www.extrart.it).




segnala questa mostra ad un amico
email: testo:




Se vuoi aggiungere un commento riempi il modulo qui sotto:

nome *:
testo *:
codice *:
  <- inserisci il codice di sicurezza
  



I campi contrassegnati con l'asterisco sono obbligatori.
Leggi con attenzione i termini di servizio.



Because the light

portale di cultura fotografica, concorsi online, mostre, reportage, portfolio articoli, libri, forum e community. Per divertirsi e imparare con la fotografia.
progetto, design e codice di Sandro Rafanelli
in redazione: Simone Scortecci, Marco Sanna, Jacopo Salvi e Alessandro Garda
l'approfondimento fotografico è su BecauseTheLight - becausethelight.blogspot.com

per info: info@photocompetition.it - [ termini di servizio ] - [ privacy ] - [ diventa socio ]